Devo
ammettere di essere stata profondamente e positivamente colpita
dall'iniziativa che, personalmente, voglio interpretare come
un'importante e non trascurabile presa di posizione da parte del
nostro Istituto in anni come quelli correnti, in cui la società da
un lato sembra sprofondare lentamente in un orribile pantano di
cinismo e superficialità, mentre dall'altro pare essere sul punto di
venir schiacciata e annullata da una crisi che sta davvero mettendo
in ginocchio tutti quantiQuello
offerto dal nostro liceo è un lodevole esempio all'insegna della
generosità e della disponibilità disinteressate e incondizionate.
Ma
quanto effettivamente sappiamo di questo magnifico mondo che ci
proponiamo di soccorrere attraverso elargizioni ai nostri occhi
pressoché inconsistenti ma in grado di fare la differenza? E,
soprattutto: si tratta di un rapporto a senso unico?
Perciò
oggi desidero sottoporre alla vostra attenzione quest'intervista
appassionante e coinvolgente, perché vera: Laura Scrivani è una
donna che ha inseguito il suo sogno con un coraggio e una
determinazione degni di una leonessa, tanto per rimanere in tema. E'
stata in grado di costruirsi la propria opportunità.
Ora
l'Africa è la sua casa: a voi il compito di viverla attraverso i
suoi occhi e le sue parole.
LAURA:
Bhé, in realtà sin da bambina mi sono sempre sentita attratta da
questo mondo magico. Ricordo che c'era un telefilm ideato da Carl
Forman e prodotto da David Gerber, intitolato "Nata Libera",
che ruotava intorno alla storia della leonessa Elsa (che poi era
anche il nome di mia mamma), venuta alla luce in natura ma cresciuta
in cattività, in Kenya.
Il
nostro televisore trasmetteva ancora in bianco e nero e io già
sognavo di poter vivere, un giorno, "da grande", quei
luoghi, di poter toccare e testare la consistenza di quella terra
arida e bella sulla quale la leonessa di Rai Uno incedeva maestosa.
Quindi,
una semplice curiosità infantile si è successivamente evoluta
trasformandosi in un bisogno impellente di conoscere a fondo quel
Paese dall'aria tanto invitante.
*Quando
hai posato piede sul suolo kenyota, che cosa hai pensato? Quali erano
le tue aspettative?
In
realtà, specie all'inizio, non avevo alcuna aspettativa, se non
quella di un soggiorno rilassante da una meta alternativa. Quando
sono salita per la prima volta sul volo diretto in Kenya, infatti, è
stato semplicemente per una vacanza con le amiche in un villaggio
turistico. Mai mi sarei aspettata, una volta atterrata a Mombasa, di
riconoscere l'odore dell'aria che stavo respirando. Questo fu
ciò che pensai: non riuscirei a spiegarlo in altro modo.
Man
mano che i giorni passavano, mi rendevo conto di trovarmi
insolitamente a mio agio.
*Hai
avuto modo di conoscere a fondo il Kenya: le tradizioni, la gente, i
cibi, la musica, la cultura ... ci racconti qualche episodio che
reputi particolarmente significativo?
LAURA:
Il 26 dicembre, per esempio, ho partecipato come madrina ad uno
splendido battesimo con rito Giriama.
Devi
sapere che i Giriama sono una tribù che vive sulla costa e dedita
essenzialmente alla pesca: pertanto l'oceano rappresenta la vita, ai
loro occhi. Per questo i bambini vengono battezzati nel mare: è una
sorta di ringraziamento, un'usanza ricca di significato e
coinvolgente, dal valore profondo anche per chi non conosce le
tradizioni del luogo.
Ma
il Kenya, come tutti i Paesi, probabilmente, ha purtroppo due facce.
Non
potrei tralasciare quella in ombra senza sembrare un'ipocrita: mi
sento dunque in dovere di ricordare un altro episodio cui ho
assistito e che mi è rimasto impresso.
Il
31 dicembre una ragazza di 28 anni, Rhema, incinta e madre di quattro
figli, ha lasciato il suo villaggio nel tentativo di vendere qualcuna
delle collanine che mostrava ai turisti nella speranza che le
acquistassero.
Chissà
quanto tempo ha camminato nella sabbia e nella polvere, sotto il sole
cocente, senza dar peso alle frequenti frasi sgarbate e seccate che
le venivano rivolte in risposta alla sua educazione e ad un sorriso
che non avevano nulla di fastidioso o molesto.
E'
morta per il troppo caldo, l'ultimo giorno dell'anno, magari con
l'immagine di un mzungu (“bianco”) accigliato
ingiustamente ancora negli occhi ...
*E'
terribile, davvero. Purtroppo molta gente di fronte a fatti come
questo che mi hai raccontato preferisce coprirsi gli occhi e chiudere
le orecchie. Ignorare sarà anche la chiave per una maggiore
serenità, che rimane comunque illusoria ... ma questo mondo non
guarirà mai finché perdureranno tali reazioni infantili. Posso
chiederti cosa ti ha maggiormente colpita nel complesso? Che cosa ti
sei portata dietro anche dopo, quando sei tornata in Italia?
E
avevano ragione. In effetti, non sono riuscita ad individuare il
motivo di questa nostra continua ed insensata corsa contro il tempo.
Per
loro invece è difficile pensare al futuro, hanno una concezione
dell'esistenza completamente diversa da quella occidentale: vivono
giorno per giorno. Basti pensare che i proprietari dei piccoli
ristoranti sulle spiagge si aggirano già la mattina per strada, a
domandare e a farsi un'idea del numero di persone che si siederà a
tavola a pranzo: solo quando hanno la certezza che ci sarà della
clientela, solo a quel punto provvedono a fare la spesa e a comprare
i prodotti necessari a preparare il classico riso al cocco con sugo
di pesce, polenta bianca con pesce grigliato, chapati e tanta, tanta
frutta.
Inoltre,
specie nei villaggi dell'entroterra, nonostante la povertà che
opprime quella gente con un peso che noi giudicheremmo gravoso e
insopportabile, ci sono una dignità e una disponibilità quasi
sorprendenti: sono sempre pronti ad offrirti quel poco che
possiedono.
*Dov'è,
da quanto hai potuto constatare empiricamente, il cuore dell'Africa?
Nei colori, nelle persone, nei paesaggi mozzafiato ... ?
LAURA:
In realtà, potrei rispondere d'impulso che la vera anima dell'Africa
si può cogliere in tutto ciò che hai nominato: nei colori
sorprendenti dell'Oceano Indiano, che non è solo azzurro ma ha mille
sfumature, nel rosso della terra della savana che mi emoziona ogni
volta che l'attraverso, nel tripudio di tinte accese dei vestiti
della gente ... nei paesaggi mozzafiato, ovviamente, dal paradiso
delle foreste di mangrovie alle spiagge bianchissime, lingue di
sabbia che si estendono a perdita d'occhio, dal Marafa Canyon che al
tramonto passa da un timido rosa a un fantastico color ocra ai
bambini. In effetti, potrei continuare all'infinito. Tuttavia ritengo
che il cuore pulsante dell'Africa sia, alla fine, proprio nei sorrisi
spiazzanti dei bambini, che spesso versano in pessime condizioni,
quasi infernali: molti sono orfani, vivono per strada e magari sono
costretti a diventar grandi troppo in fretta per fronteggiare e
prendere di petto le difficoltà pratiche di un'esistenza fatta di
stenti. La loro genuinità e la loro allegria, così apparentemente
fuori luogo, sono il vero emblema di ciò che è il continente nero.
*Ancora oggi il tasso di
analfabetismo, specie in alcuni territori, è molto alto. Credi che
progetti come quello lanciato dal nostro istituto siano utili in
qualche modo o che bisognerebbe operare più a fondo, alla base,
magari favorendo una maggiore consapevolezza anche (e soprattutto) da
parte degli occidentali nei confronti di questa realtà estremamente
ricca e variegata che rappresenta l'Africa?
LAURA:
Be', se devo essere sincera, il principale problema sta
nell'approccio sbagliato nell'affrontare la questione. E' necessario,
ovviamente, per dare un futuro a questi bambini, ridurre il tasso di
analfabetismo. Il punto è che spesso non ci si rende conto delle
condizioni di povertà in cui versano molte famiglie che quindi non
solo non possono permettersi di garantire ai figli un'istruzione
adeguata, ma cercano di sfruttarli come possibile fonte di guadagno,
nel senso che preferiscono mandarli sulle spiagge ad elemosinare
soldi ai turisti piuttosto che accompagnarli a scuola. Molti ci
vedono come dei Bancomat con le gambe: purtroppo ciò è dovuto anche
al fatto che, per quanto si cerchi di vivere in modo spartano, i loro
standard differiscono completamente dai nostri, così che ai loro
occhi sembreremo sempre incredibilmente ricchi anche qualora si
prendano le dovute precauzioni e si faccia attenzione a non
ostentare in modo eccessivo il proprio benessere. Temo che non esista
nulla di più sbagliato che esaudire abbondantemente le richieste di
questi bambini, perché in questo modo non si ferma il fenomeno,
anzi. Inoltre, si passa ai ragazzi una pessima concezione della vita:
tanti finiscono con il convincersi che per procurarsi da mangiare non
è d'obbligo faticare.
Ci
vorrebbero dunque controlli più rigorosi e severi sul posto,
provvedimenti simili a quelli che ho visto prendere in prossimità
delle festività natalizie sulle spiagge della costa di Malindi: i
bambini che venivano sorpresi a vagabondare erano riportati a casa,
con la minaccia di un arresto nei confronti dei genitori qualora
l'evento si fosse ripetuto. Ci possono sembrare misure un po'
drastiche, forse, ma sono assolutamente necessarie, ripeto. Poi, è
ovvio, servirebbero anche maggiori campagne di sensibilizzazione,
magari per far capire agli occidentali che non bisogna incoraggiare
nelle popolazioni locali la dipendenza dall'uomo bianco né i
continui tentativi di impietosirlo: è ingiusto, ci si
approfitterebbe della povertà e della disperazione di molta gente
per scavalcare la loro dignità.
*Quanto e che cos'ha da
offrire concretamente questa terra a chi sa carpirne la vera essenza?
Ti pongo questa domanda perché talvolta mi pare che tendiamo ad
assumere un atteggiamento un poco criticabile nell'accostarci a
quest'universo meraviglioso: nella ferma convinzione che l'Africa non
abbia nulla da regalare, che sia solo un insieme di mancanze e
necessità, cerchiamo in realtà di riempire dei vasi che già
traboccano di usi, costumi e tradizioni peculiari attraverso la
nostra cultura. Condividi o dissenti? Perché?
LAURA:
L'Africa ha davvero moltissimo da regalare, ovviamente per chi è in
grado di coglierne il significato profondo, per chi sa “vedere”
... E' necessario accostarsi ad essa in punta di piedi, forse, perché
chi lo fa prepotentemente, cercando d'imporre i propri usi e costumi,
viola la cultura che c'è dall'altra parte e che è degna invece di
grande rispetto e dunque merita di essere studiata e compresa.
Le
persone vanno ascoltate: è questa la chiave per aprire la nostra
mente e il nostro cuore e ricevere i doni che questa terra ha da
offrire.
*In
definitiva come ti ha cambiata quest'esperienza e come credi possa
influire sul singolo individuo e, di conseguenza, come pensi possa
riflettersi poi sull'intera comunità?
LAURA:
Per quanto mi riguarda, in tutta sincerità, sento di non esagerare
quando affermo orgogliosa che l'Africa mi ha cambiato la vita. O
meglio: mi ha accompagnata e spronata alla ricerca di un senso. Un
senso per tutto ciò che prima davo per scontato: vedere con i miei
occhi donne e bambini già in piedi all'alba, pronti a recarsi presso
il pozzo più vicino per fare scorta di acqua mi ha fatto riflettere
sul valore di quest'ultimo elemento assai prezioso e che noi,
ingenuamente, sprechiamo quasi sempre senza rendercene conto,
lasciando per esempio aperto il rubinetto mentre ci laviamo i denti.
In questo articolo non si parla del fenomeno più dilagante sulla costa del Kenya causato dai turisti. Dare mancette e caramelle ai bambini sono cattive pratiche che inducono i bambini e i loro genitori a preferire la spiaggia piuttosto che la scuola, ma questi bambini/e, una volta cresciuti, incontrano signore/i che vanno in Kenya per abbinare il safari con il turismo sessuale. Purtroppo si parla molto poco di questo fenomeno, l'ipocrisia regna sovrana, ma nella maggior parte dei casi quando sento parlare queste signore di "mal d'Africa", mi viene subito in mente la signora frustata italiana (che non conosce neanche l'inglese e quindi sceglie il Kenya perchè sulla costa tutti parlano italiano)che mantiene il ragazzetto e che si dice innamorata... almeno gli uomini non parlano di mal d'Africa... inoltre sarei curioso di sapere dove vivono queste signore innamorate quando sono in Kenya... se sono in villa o se hanno mai provato a dormire in qualche capanna...forse chiamando le cose con il loro si ha un quadro più obbiettivo della situazione... l'ipocrisia è sinonimo di ignoranza!!!
RispondiEliminaPer quanto riguarda il turismo sessuale, non gli ho dato spazio non per ipocrisia o perché lo considero poco degno di nota, anzi. Ciononostante si trattava di un'intervista a una ben precisa persona che non ha avuto modo di vivere questo tipo di situazione... Ho dunque preferito non addentrarmi in un terreno che non conoscevo nemmeno per via indiretta attraverso appunto l'esperienza di Laura, per non rischiare di parlare di ciò di cui non so abbastanza: sconfinare in quanto non si attiene alla realtà è proprio quello che voglio evitare. Per quanto riguarda il modo in cui questa Laura ha vissuto l'Africa ... ti invito a contattarla personalmente attraverso i social network. Lei stessa non nega di aver frequentato alberghi durante alcuni dei suoi soggiorni, ma ha anche avuto l'opportunità di sperimentare che cosa sia la vera vita laggiù, dormendo in tende, lavandosi in un fiume e conoscendo la gente dei luoghi. Infine, ti prego di segnalarmi quanto, secondo il tuo parere, avrei mancato d'indicare con il suo preciso nome e provvederò a spiegarti una determinata scelta stilistica o a correggerla se necessario. Grazie.
RispondiEliminaGIULIA GREGGIO