martedì 12 marzo 2013

Dietro all'iniziativa: il vero volto dell'Africa

 
Ricordo che all'inizio dell'anno venne proposto ad ogni alunno l'acquisto di alcune chiavette USB al ragionevole prezzo di cinque euro cadauna, con la promessa che l'intero ricavato, insieme a quello derivato da altre interessanti iniziative, una volta raggiunta la quota simbolica di 5199 euro (uno per ogni metro d'altezza del maestoso monte Kenya), sarebbe stato in seguito devoluto alle associazioni responsabili della costruzione della scuola primaria Kamujwa (Tharaka).
Devo ammettere di essere stata profondamente e positivamente colpita dall'iniziativa che, personalmente, voglio interpretare come un'importante e non trascurabile presa di posizione da parte del nostro Istituto in anni come quelli correnti, in cui la società da un lato sembra sprofondare lentamente in un orribile pantano di cinismo e superficialità, mentre dall'altro pare essere sul punto di venir schiacciata e annullata da una crisi che sta davvero mettendo in ginocchio tutti quantiQuello offerto dal nostro liceo è un lodevole esempio all'insegna della generosità e della disponibilità disinteressate e incondizionate.
Ma quanto effettivamente sappiamo di questo magnifico mondo che ci proponiamo di soccorrere attraverso elargizioni ai nostri occhi pressoché inconsistenti ma in grado di fare la differenza? E, soprattutto: si tratta di un rapporto a senso unico?
Perciò oggi desidero sottoporre alla vostra attenzione quest'intervista appassionante e coinvolgente, perché vera: Laura Scrivani è una donna che ha inseguito il suo sogno con un coraggio e una determinazione degni di una leonessa, tanto per rimanere in tema. E' stata in grado di costruirsi la propria opportunità.
Ora l'Africa è la sua casa: a voi il compito di viverla attraverso i suoi occhi e le sue parole.

*Che cosa ti ha spinta a partire la prima volta? A saltare su quell'aereo con il continente nero come destinazione? Semplice curiosità, desiderio di una definitiva svolta nella tua vita o altro?

LAURA: Bhé, in realtà sin da bambina mi sono sempre sentita attratta da questo mondo magico. Ricordo che c'era un telefilm ideato da Carl Forman e prodotto da David Gerber, intitolato "Nata Libera", che ruotava intorno alla storia della leonessa Elsa (che poi era anche il nome di mia mamma), venuta alla luce in natura ma cresciuta in cattività, in Kenya.
Il nostro televisore trasmetteva ancora in bianco e nero e io già sognavo di poter vivere, un giorno, "da grande", quei luoghi, di poter toccare e testare la consistenza di quella terra arida e bella sulla quale la leonessa di Rai Uno incedeva maestosa.
Quindi, una semplice curiosità infantile si è successivamente evoluta trasformandosi in un bisogno impellente di conoscere a fondo quel Paese dall'aria tanto invitante.

*Quando hai posato piede sul suolo kenyota, che cosa hai pensato? Quali erano le tue aspettative?

In realtà, specie all'inizio, non avevo alcuna aspettativa, se non quella di un soggiorno rilassante da una meta alternativa. Quando sono salita per la prima volta sul volo diretto in Kenya, infatti, è stato semplicemente per una vacanza con le amiche in un villaggio turistico. Mai mi sarei aspettata, una volta atterrata a Mombasa, di riconoscere l'odore dell'aria che stavo respirando. Questo fu ciò che pensai: non riuscirei a spiegarlo in altro modo.
Man mano che i giorni passavano, mi rendevo conto di trovarmi insolitamente a mio agio.

*Hai avuto modo di conoscere a fondo il Kenya: le tradizioni, la gente, i cibi, la musica, la cultura ... ci racconti qualche episodio che reputi particolarmente significativo?

LAURA: Il 26 dicembre, per esempio, ho partecipato come madrina ad uno splendido battesimo con rito Giriama.
Devi sapere che i Giriama sono una tribù che vive sulla costa e dedita essenzialmente alla pesca: pertanto l'oceano rappresenta la vita, ai loro occhi. Per questo i bambini vengono battezzati nel mare: è una sorta di ringraziamento, un'usanza ricca di significato e coinvolgente, dal valore profondo anche per chi non conosce le tradizioni del luogo.
Ma il Kenya, come tutti i Paesi, probabilmente, ha purtroppo due facce.
Non potrei tralasciare quella in ombra senza sembrare un'ipocrita: mi sento dunque in dovere di ricordare un altro episodio cui ho assistito e che mi è rimasto impresso.
Il 31 dicembre una ragazza di 28 anni, Rhema, incinta e madre di quattro figli, ha lasciato il suo villaggio nel tentativo di vendere qualcuna delle collanine che mostrava ai turisti nella speranza che le acquistassero.
Chissà quanto tempo ha camminato nella sabbia e nella polvere, sotto il sole cocente, senza dar peso alle frequenti frasi sgarbate e seccate che le venivano rivolte in risposta alla sua educazione e ad un sorriso che non avevano nulla di fastidioso o molesto.
E' morta per il troppo caldo, l'ultimo giorno dell'anno, magari con l'immagine di un mzungu (“bianco”) accigliato ingiustamente ancora negli occhi ...

*E' terribile, davvero. Purtroppo molta gente di fronte a fatti come questo che mi hai raccontato preferisce coprirsi gli occhi e chiudere le orecchie. Ignorare sarà anche la chiave per una maggiore serenità, che rimane comunque illusoria ... ma questo mondo non guarirà mai finché perdureranno tali reazioni infantili. Posso chiederti cosa ti ha maggiormente colpita nel complesso? Che cosa ti sei portata dietro anche dopo, quando sei tornata in Italia?

LAURA: In primo luogo, sono rimasta colpita dai modi della gente di lì. Le persone che ti guardano dritto negli occhi, scavandoti dentro, con i loro sorrisi sinceri ... Ma, soprattutto, il fatto che vivono la vita hakuna matata ("senza problemi") e pole pole ("piano piano"). Spesso mi domandavano, ironici: "Perché voi wazungu ("bianchi") avete sempre fretta?".
E avevano ragione. In effetti, non sono riuscita ad individuare il motivo di questa nostra continua ed insensata corsa contro il tempo.
Per loro invece è difficile pensare al futuro, hanno una concezione dell'esistenza completamente diversa da quella occidentale: vivono giorno per giorno. Basti pensare che i proprietari dei piccoli ristoranti sulle spiagge si aggirano già la mattina per strada, a domandare e a farsi un'idea del numero di persone che si siederà a tavola a pranzo: solo quando hanno la certezza che ci sarà della clientela, solo a quel punto provvedono a fare la spesa e a comprare i prodotti necessari a preparare il classico riso al cocco con sugo di pesce, polenta bianca con pesce grigliato, chapati e tanta, tanta frutta.
Inoltre, specie nei villaggi dell'entroterra, nonostante la povertà che opprime quella gente con un peso che noi giudicheremmo gravoso e insopportabile, ci sono una dignità e una disponibilità quasi sorprendenti: sono sempre pronti ad offrirti quel poco che possiedono.

*Dov'è, da quanto hai potuto constatare empiricamente, il cuore dell'Africa? Nei colori, nelle persone, nei paesaggi mozzafiato ... ?

LAURA: In realtà, potrei rispondere d'impulso che la vera anima dell'Africa si può cogliere in tutto ciò che hai nominato: nei colori sorprendenti dell'Oceano Indiano, che non è solo azzurro ma ha mille sfumature, nel rosso della terra della savana che mi emoziona ogni volta che l'attraverso, nel tripudio di tinte accese dei vestiti della gente ... nei paesaggi mozzafiato, ovviamente, dal paradiso delle foreste di mangrovie alle spiagge bianchissime, lingue di sabbia che si estendono a perdita d'occhio, dal Marafa Canyon che al tramonto passa da un timido rosa a un fantastico color ocra ai bambini. In effetti, potrei continuare all'infinito. Tuttavia ritengo che il cuore pulsante dell'Africa sia, alla fine, proprio nei sorrisi spiazzanti dei bambini, che spesso versano in pessime condizioni, quasi infernali: molti sono orfani, vivono per strada e magari sono costretti a diventar grandi troppo in fretta per fronteggiare e prendere di petto le difficoltà pratiche di un'esistenza fatta di stenti. La loro genuinità e la loro allegria, così apparentemente fuori luogo, sono il vero emblema di ciò che è il continente nero.
*Ancora oggi il tasso di analfabetismo, specie in alcuni territori, è molto alto. Credi che progetti come quello lanciato dal nostro istituto siano utili in qualche modo o che bisognerebbe operare più a fondo, alla base, magari favorendo una maggiore consapevolezza anche (e soprattutto) da parte degli occidentali nei confronti di questa realtà estremamente ricca e variegata che rappresenta l'Africa?

LAURA: Be', se devo essere sincera, il principale problema sta nell'approccio sbagliato nell'affrontare la questione. E' necessario, ovviamente, per dare un futuro a questi bambini, ridurre il tasso di analfabetismo. Il punto è che spesso non ci si rende conto delle condizioni di povertà in cui versano molte famiglie che quindi non solo non possono permettersi di garantire ai figli un'istruzione adeguata, ma cercano di sfruttarli come possibile fonte di guadagno, nel senso che preferiscono mandarli sulle spiagge ad elemosinare soldi ai turisti piuttosto che accompagnarli a scuola. Molti ci vedono come dei Bancomat con le gambe: purtroppo ciò è dovuto anche al fatto che, per quanto si cerchi di vivere in modo spartano, i loro standard differiscono completamente dai nostri, così che ai loro occhi sembreremo sempre incredibilmente ricchi anche qualora si prendano le dovute precauzioni e si faccia attenzione a non ostentare in modo eccessivo il proprio benessere. Temo che non esista nulla di più sbagliato che esaudire abbondantemente le richieste di questi bambini, perché in questo modo non si ferma il fenomeno, anzi. Inoltre, si passa ai ragazzi una pessima concezione della vita: tanti finiscono con il convincersi che per procurarsi da mangiare non è d'obbligo faticare.
Ci vorrebbero dunque controlli più rigorosi e severi sul posto, provvedimenti simili a quelli che ho visto prendere in prossimità delle festività natalizie sulle spiagge della costa di Malindi: i bambini che venivano sorpresi a vagabondare erano riportati a casa, con la minaccia di un arresto nei confronti dei genitori qualora l'evento si fosse ripetuto. Ci possono sembrare misure un po' drastiche, forse, ma sono assolutamente necessarie, ripeto. Poi, è ovvio, servirebbero anche maggiori campagne di sensibilizzazione, magari per far capire agli occidentali che non bisogna incoraggiare nelle popolazioni locali la dipendenza dall'uomo bianco né i continui tentativi di impietosirlo: è ingiusto, ci si approfitterebbe della povertà e della disperazione di molta gente per scavalcare la loro dignità.

*Quanto e che cos'ha da offrire concretamente questa terra a chi sa carpirne la vera essenza? Ti pongo questa domanda perché talvolta mi pare che tendiamo ad assumere un atteggiamento un poco criticabile nell'accostarci a quest'universo meraviglioso: nella ferma convinzione che l'Africa non abbia nulla da regalare, che sia solo un insieme di mancanze e necessità, cerchiamo in realtà di riempire dei vasi che già traboccano di usi, costumi e tradizioni peculiari attraverso la nostra cultura. Condividi o dissenti? Perché?

LAURA: L'Africa ha davvero moltissimo da regalare, ovviamente per chi è in grado di coglierne il significato profondo, per chi sa “vedere” ... E' necessario accostarsi ad essa in punta di piedi, forse, perché chi lo fa prepotentemente, cercando d'imporre i propri usi e costumi, viola la cultura che c'è dall'altra parte e che è degna invece di grande rispetto e dunque merita di essere studiata e compresa.
Le persone vanno ascoltate: è questa la chiave per aprire la nostra mente e il nostro cuore e ricevere i doni che questa terra ha da offrire.

*In definitiva come ti ha cambiata quest'esperienza e come credi possa influire sul singolo individuo e, di conseguenza, come pensi possa riflettersi poi sull'intera comunità?

LAURA: Per quanto mi riguarda, in tutta sincerità, sento di non esagerare quando affermo orgogliosa che l'Africa mi ha cambiato la vita. O meglio: mi ha accompagnata e spronata alla ricerca di un senso. Un senso per tutto ciò che prima davo per scontato: vedere con i miei occhi donne e bambini già in piedi all'alba, pronti a recarsi presso il pozzo più vicino per fare scorta di acqua mi ha fatto riflettere sul valore di quest'ultimo elemento assai prezioso e che noi, ingenuamente, sprechiamo quasi sempre senza rendercene conto, lasciando per esempio aperto il rubinetto mentre ci laviamo i denti.

Ogni volta che ritorno dopo un viaggio in quella terra mi accorgo di come la mia mentalità sia stata rimodellata da quest'esperienza: ho sempre meno bisogni, sono sempre meno schiava delle cose materiali che d'altronde, nonostante l'estrema importanza che attribuiamo loro, rimangono fondamentalmente tali. Ormai mi è estranea la necessità di possedere diversi capi d'abbigliamento per pura vanità; a ben pensarci, è un sacco di tempo che non dico: “Non so cosa mettermi”. Quando vedo bambini delle elementari pestare i piedi per un cellulare nuovo e sono invece consapevole di quanti ragazzini là facciano la fila per un chilo di farina ... davvero suggerirei ai genitori di regalare un viaggio in Africa ai figli: perché ridimensiona la concezione che abbiamo noi di tutto ciò che ci circonda, ci apre gli occhi e permette a chiunque di maturare.

2 commenti:

  1. In questo articolo non si parla del fenomeno più dilagante sulla costa del Kenya causato dai turisti. Dare mancette e caramelle ai bambini sono cattive pratiche che inducono i bambini e i loro genitori a preferire la spiaggia piuttosto che la scuola, ma questi bambini/e, una volta cresciuti, incontrano signore/i che vanno in Kenya per abbinare il safari con il turismo sessuale. Purtroppo si parla molto poco di questo fenomeno, l'ipocrisia regna sovrana, ma nella maggior parte dei casi quando sento parlare queste signore di "mal d'Africa", mi viene subito in mente la signora frustata italiana (che non conosce neanche l'inglese e quindi sceglie il Kenya perchè sulla costa tutti parlano italiano)che mantiene il ragazzetto e che si dice innamorata... almeno gli uomini non parlano di mal d'Africa... inoltre sarei curioso di sapere dove vivono queste signore innamorate quando sono in Kenya... se sono in villa o se hanno mai provato a dormire in qualche capanna...forse chiamando le cose con il loro si ha un quadro più obbiettivo della situazione... l'ipocrisia è sinonimo di ignoranza!!!

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  2. Per quanto riguarda il turismo sessuale, non gli ho dato spazio non per ipocrisia o perché lo considero poco degno di nota, anzi. Ciononostante si trattava di un'intervista a una ben precisa persona che non ha avuto modo di vivere questo tipo di situazione... Ho dunque preferito non addentrarmi in un terreno che non conoscevo nemmeno per via indiretta attraverso appunto l'esperienza di Laura, per non rischiare di parlare di ciò di cui non so abbastanza: sconfinare in quanto non si attiene alla realtà è proprio quello che voglio evitare. Per quanto riguarda il modo in cui questa Laura ha vissuto l'Africa ... ti invito a contattarla personalmente attraverso i social network. Lei stessa non nega di aver frequentato alberghi durante alcuni dei suoi soggiorni, ma ha anche avuto l'opportunità di sperimentare che cosa sia la vera vita laggiù, dormendo in tende, lavandosi in un fiume e conoscendo la gente dei luoghi. Infine, ti prego di segnalarmi quanto, secondo il tuo parere, avrei mancato d'indicare con il suo preciso nome e provvederò a spiegarti una determinata scelta stilistica o a correggerla se necessario. Grazie.



    GIULIA GREGGIO

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